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PENSIERI INTRODUTTIVI


Di Elena Locatelli


In questo periodo, notiziari, giornali e social media sono pieni di notizie e informazioni che riguardano la pandemia del COVID-19. Si parla di numeri di contagi, della non efficienza del servizio sanitario, degli sforzi di medici ed infermieri paragonati ad eroi e combattenti in prima linea in questa nuova guerra. Arrivando a paragonare con termini e immagini la pandemia ad una guerra, fatta di trincee, sangue e morti, e l’isolamento o confinamento forzato alla prigionia. Ora si comincia, come scrivono alcuni giornali, a vedere la luce in fondo al tunnel, ed allora si vuole guardare avanti , si vuole pensare al dopo, e si parla di quale futuro ci sarà, con progetti di un mondo dove saremo costretti a dimenticare il contatto umano, in quanto, per la sicurezza, dovremo mantenere una certa distanza dalle persone che frequentiamo o incontriamo in ambienti di lavoro e anche nelle visite familiari; un mondo nel quale, sempre per controllare il contagio, saremo tutti sorvegliati, ed attraverso cellulari ed altro verranno controllati i nostri spostamenti. Ma l’argomento di maggior interesse è come e dove si andrà in vacanza.

In tutto questo si è parlato ben poco di come la scuola e tutto il sistema educativo, al di fuori di uno schema tradizionale, si sia trovato impreparato, anche in paesi molto sviluppati. Sono state attivate soluzioni a distanza, in remoto, mi direte voi, per garantire il continuum educativo, per non far perdere l’anno scolastico. Assolutamente si, anche se poco si è parlato del come i contenuti siano stati diffusi, a chi, e in quanti effettivamente siano riusciti ad usufruirne pienamente. Poche notizie si leggono, sui numeri di quanti bambini e ragazzi, ancora, non hanno accesso a internet; quando lo si fa è perché si sta parlando di paesi in via di sviluppo, ma quante famiglie in Europa non hanno internet o non hanno un computer di nuova generazione? Quanti sono gli analfabeti informatici?


“L’Italia è il paese con più analfabeti digitali in Europa, e tra le peggiori al mondo nella classifica mondiale. Questo il verdetto dell’OCSE in un’analisi sulle competenze informatiche dei cittadini di 29 Paesi, di cui l’Italia risulta 27°.”


Lo sapevate che saper usare gli strumenti digitali di comunicazione rientra nel bagaglio culturale voluto dalla commissione europea a Lisbona nel 2000 per i propri cittadini? Mi chiedo quindi se il sistema educativo di oggi, sia in grado di assicurare questo bagaglio culturale voluto dalla commissione europea ben venti anni or sono. Il sistema educativo di oggi è pronto a rispondere a questa sfida? Basta trasferire un metodo educativo usato in classe attraverso l’etere virtuale, basta fare una lezione come in classe usando piattaforme come “zoom” o “Skype” solo per citarne due? Purtroppo, no! Si danno per scontate troppe cose, relative alla preparazione degli insegnanti, alla non adeguazione del metodo e nel fatto che occorre usare tecniche nuove, se si vuole usare la tecnologia per fare scuola.

Quale sarà il futuro della scuola dopo questa pandemia?

Tutto tornerà come prima?

Oppure si sceglierà di iniziare un nuovo capitolo?

Penso che all’alba del 2020 sia necessario trasformare il concetto di scuola, di sistema educativo, per liberarlo dalla prigionia di una classe e di rendere il sapere e la conoscenza un esperienza, un avventura a premi, che faccia riscoprire la gioia di cercare attraverso nuovi canali, con nuove tecnologie, sfidando il concetto di socializzazione fisica con un interazione più dinamica che porti a sviluppare rapporti interpersonali, adeguandosi alle regole della vita in questa nuova società, dove virtuale e reale convivono e si arricchiscono ed autoalimentano reciprocamente

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